Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/424

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sempre così furiosamente, che a un certo punto, in un urto contro il macigno che attraversava la via, l’asse della carrozza andò in pezzi e uno dei cavalli cadde morto.

«Eravamo in un posto assolutamente deserto: non ombra d’abitazione, non un lume, nulla, salvo che tutto intorno il tetro fantasma della neve che ci avvolgeva. I postiglioni ed io bestemmiavamo come dannati, essi cercando di riparare alla meglio la rottura dell’asse, ma dichiarando che non avrebbero potuto andare innanzi con due soli cavalli. Eravamo lì da mezz’ora, soli nella notte profonda, ed io digrignavo i denti dalla collera contro Dio e contro gli uomini, quando un rumore lontano mi riscosse: era il galoppo di un cavallo. Pensai subito, che qualcheduno sarebbe venuto al nostro soccorso, ma nell’istesso momento mi rammentai di quella troika, di quella velocissima carrozza che durante la giornata pareva ci avesse seguìto con tanta ostinazione. Però, sperai che fosse più un aiuto che una persecuzione; qualunque fosse stato l’uomo che guidava quella carrozza, gli avrei pagato a peso di oro il suo cavallo, per attaccarlo insieme ai miei, e l’asse per riattare il mio.

«Il galoppo si affrettava. Noi sbarravamo la via, e io aveva già detto ai miei postiglioni che speravo un soccorso da colui che si avvicinava, pensando tra me che glielo avrei anche strappato a forza.

«Difatti, la troika apparve in fondo alla via, correndo su noi a galoppo sfrenato. Io era disceso dalla carrozza, e le andai incontro. Ero armato di due revolvers e di un pugnale, che non mi lascia mai, e la cui semplice puntura uccide in un minuto. Mi fermai in mezzo alla via, solo, sbarrando la strada alla leggiera carrozza.

«L’uomo che la guidava era avvolto nelle pellicce, e un berretto era abbassato sugli occhi; par-