Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/435

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la mano tagliata. 429

da lei amato non poteva difendere, ho ucciso una creatura innocente. Sì: ella era innocente e io l’ho carcerata per quindici anni; le ho tolto suo marito e sua figlia; le ho ucciso il suo amante; le ho levato la libertà e anche la bellezza, giacchè si deve essere bella per qualcuno, per essere bella. Per quindici anni le ho imposto la compagnia di un essere deforme, brutto, laido, quale io mi sono: e pretendevo che mi amasse; e le ho inflitte lunghe torture morali e fisiche; e le ho tagliato il braccio, deturpandola. Dopo, l’ho uccisa; mi sono valso di un’arme inafferrabile, senz’aver paura della giustizia, poichè quello era un suicidio e non un omicidio; l’ho uccisa come si strangola un bambino nell’ombra. Sono un assassino, il più atroce degli assassini, giacchè questa donna non mi aveva fatto alcun male.

«Ora, dal minuto tremendo in cui io ho visto il corpo di Maria cadere dalla finestra, per mio comando, e ho inteso battere quel cranio sul selciato, innanzi alla villa, mi si è spezzato qualche cosa, nel petto. Avrei voluto, almeno, portare via quel corpo esanime, come quindici anni prima, ero fuggito da Mosca, rapendo la donna immersa nel torpore profondo; ma allora, allora, io sperava di vederla rivivere, io la portava meco, io sperava tutto, persino l’impossibile, persino di essere amato! Ora il cadavere non l’ebbi. Egli discese; egli raccolse quel povero corpo infranto e lo depose sul letto dei loro amori; egli compose quelle membra, baciò quei capelli neri meravigliosi, rete e catena di amore; egli coprì di fiori quella cara salma. Ah, egli ha udito il mio orribile scoppio di risa, dal mare, quand’io lo vidi gittarsi su quella morta! Ma egli non sa che quel riso mi infranse il petto.

«Muoio, fra un’ora. L’ultimo dei miei servi fedeli porterà questo manoscritto nel piccolo cimi-