Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/436

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430 la mano tagliata.

tero di Cowes, sulla tomba di Maria Cabib che io amai e che io uccisi. Voglio che il mio segreto si conosca. È la mia espiazione; in queste carte è la confessione di tutta la mia disfatta, giacchè io ho amato quella donna e non ne sono stato amato, giacchè se io l’ho uccisa, adesso, per lei mi uccido. Ricchezze, potere, gloria nella scienza, nessuna più di queste chimere mi tiene. Sono un vinto, sono un misero, sono la più miserabile creatura del mondo, l’ultimo verme della terra. Non mi piangerà nessuno e molti mi malediranno. Non m’importa. Abbastanza, da me mi odio e mi disprezzo.

«Muoio, fra un’ora. Pungerò la mia vena al collo e vedrò scorrere tutto il mio sangue: è un modo di morire che mi piace, giacchè è questo sangue bruciante di passione che mi ha portato alla morte, questo sangue dove ardeva la fiamma di un uomo giovane e bello, mentre io era un mostro di bruttezza. E voi, Ranieri Lambertini, Rachele Cabib, Mosè Cabib, Roberto Alimena, siate contenti, siate felici tutti, giacchè il vostro odiato e temuto nemico, il vostro persecutore implacabile, il terribile Marcus Henner, morirà svenato, fra un’ora, vendicherà tutti voi. Ma per lei, io vi perseguitava e vi odiava, per lei io voleva la vostra morte, per lei io ho fatto quello che ho fatto, per lei io muoio, giacchè nessuno di voi avrebbe potuto colpirmi, mai, e quella innocente mi ha colpito, morendo.

«Ah, potesse il mio cadavere andare sotterra, con lei, nella stessa bara! Potessi io, dopo morto, ridurmi in polvere, accanto a lei, nella terra nera! Non mi è dato! Sino all’ultimo giorno del mondo, viva, morta, Maria Cabib non sarà stata mia, giammai, giammai.

«Marcus Henner

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