Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/48

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42 la mano tagliata.


— Che romanzo?

— Si chiama: I promessi sposi di Alessandro Manzoni.

— E tu glielo hai portato? Lo avevi?

— No. Glielo ho comperato da un rivenditore di libri vecchi.

— Avrai speso un banco! Che hai speso?

— Trenta centesimi. Era quasi nuovo.

— Ah! meno male.

— Mi aveva dato due lire.

— Due lire! Due lire! Chi gliele aveva date, a lei?

— Io non lo so.

— Compra dei libri! Dei romanzi! Ha dei denari! Dio mio! — mormorò fra sè Mosè Cabib.

— Non vi era, stamane, la signorina Rachele, — soggiunse Giacobbe Verona.

— Come! — gridò il vecchio, arrestandosi d’un tratto.

— Non v’era! — rispose Giacobbe, con voce indifferente.

— E dove era?

— Non lo so.

— Era uscita? Sola? Sola?

— No: era uscita con Rosa, la serva.

— L’hai aspettata?

— Sì, sotto il portone. Avevo fame e dovevo consegnarle il libro.

— Quanto tempo ha tardato?

— Mezz’ora, forse: ma non so quanto tempo prima fosse uscita.

— Ah! Donde veniva?

— Non me l’ha detto.

— Era pallida, agitata, commossa?

— Pallida.... credo.

— Che ti ha detto?

— Mi ha ringraziato del libro.

— Ma non ti ha detto dove era stata?