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210 | leggende napoletane |
mava. Egli le parlava lungamente, poi stanco, la voce gli si abbassava a poco a poco, poi taceva. La contemplava, estatico. Ella si muoveva per andarsene.
— Non partire, non partire! — supplicava lui.
Ella restava ferma innanzi a lui, i piedini bianchi come ale di colombo, appena posati a terra, coi capelli vagamente adorni di rose bianche, con un lembo di abito sostenuto da rose bianche.
— Siedi, siedi accanto a me!
Ella non sedeva, immota, guardando dinanzi a sè coi grandi occhi senza pupilla.
— Parlami, parlami — mormorava lui.
Ella non aveva voce, non si muovevano le labbra. Invano egli la pregava, la scongiurava, s’inginocchiava, ella non gli rispondeva. Era inflessibile e serena.
Ma in un crepuscolo d’autunno, egli trovò le frasi più eloquenti per esprimere la propria disperazione: battè la fronte a terra, sparse le lagrime più cocenti, adorò la fanciulla. Ella parea si trasformasse;