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IL PALAZZO DOGN’ANNA 73

sedevano intorno a lei, facendole corona, minori tutte di lei: ella era sola, maggiore, unica.

In fondo al grande salone era rizzato un teatrino destinato per lo spettacolo. Tutta quella eletta schiera d’invitati doveva dapprima assistere alla rappresentazione di una commedia ed a quella di una danza moresca; poi nelle sale si sarebbero intrecciate le danze sino all’alba. Ma la grande curiosità della rappresentazione era che gli attori, per una moda venuta allora di Francia, appartenessero alla nobiltà. Donn’Anna Carafa di Medina disprezzava i facili costumi francesi che corrompevano la rigida corte spagnuola, ma scrutatrice dei cuori e apprezzatrice del favore popolare com’era, s’accorgeva che quelle molli usanze piacevano ed erano adottate con trasporto. Solo per questo ella aveva consentito che Donna Mercede de las Torres, sua nipote di Spagna, sostenesse una parte nella rappresentazione. Donna Mercede, giovane, bruna, dai grandi occhi lionati, dai neri capelli, le


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