Pagina:Serao - Storia di due anime, Roma, Nuova antologia, 1904.djvu/107

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storia di due anime 105


godesse di un’agiatezza che era stata, un tempo, la poesia della sua infanzia, sino all’adolescenza, perchè ella scorresse le ore come una creatura di elezione, fatta per la ricercatezza, per l’ozio, per la esistenza calma, ricca e larga. Ah, la giovine donna odiava profondamente, quasi aveva orrore del mestiere che faceva suo marito, e non discendeva mai nella bottega, nauseata da quegli odori cattivi, da quella costante umidità, da quelle mescolanze sporche, e non passava, quando usciva di casa, neppure per quella via, traversando il vico Donnalbina, per uscire a via Monteoliveto: e non aveva permesso che Domenico le donasse una sant’Anna, che egli aveva dipinta, con ardore, per fargliene una sorpresa, non l’aveva voluta, dicendo, irrispettosamente, che sant’Anna era una vecchia noiosa e lei era giovane; e Domenico non aveva mai portata la statuetta a casa, celando la sua delusione grande, e dando la sant’Anna, in dono, a una povera donna, assai divota, che viveva in una cameretta, a un quinto piano, in via Banchi Nuovi, facendo fiori di carta e di stoffa, per le chiese povere, per le chiese di provincia. Sì, Anna aveva ribrezzo di tal mestiere, che le rammentava il suo matrimonio con un uomo del popolo, con un volgare artefice, il quale lavorava in una bottega aperta, alla vista di tutti, mal vestito, sudicio, coperto di macchie, sempre silenzioso, un mestiere da stupido, diceva lei, trattandosi di rifar sempre le stesse facce di Santi e di Madonne, mestiere goffo e ridicolo, che qualunque manovale, un po’ esperto, poteva