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106 storia di due anime


fare: ma, infine, quello che essa nascondeva, per diplomazia, era il desiderio che questo abborrito mestiere, di cui ella non voleva neanche udir parlare, facesse guadagnare molti danari a suo marito. I suoi istinti innati, i suoi gusti, il misterioso lavorìo della sua anima solinga, avevano bisogno di questo danaro: e Domenico Maresca, fedelmente, umilmente, veniva a gittare, innanzi a lei, quanto egli guadagnava, malcontento che non fosse di più, sognando delle somme fantastiche, perchè la sua bella signora di nulla mancasse. Noncurante, distratta, o fingendo, per condotta di vita, una noncuranza e una distrazione profonda, ella aveva l’attitudine di non chieder mai, donde venisse quel danaro: lo prendeva, come se nulla fosse, con un atto di paziente degnazione, lo spendeva subito, non ne aveva mai, o diceva di non averne, e il suo contegno era tale, che egli non osava domandarle, ove il danaro fosse passato. E se, due o tre volte, egli si era azzardato, quasi, a chiederne conto, Anna lo aveva pietrificato con tale sguardo, lo aveva punito con tale un’aria di noia sdegnosa, che giammai più egli aveva tentato una ricerca simile.

Oltre a ciò, la Provvidenza, riempiendo di costanti lavori la esistenza di Domenico Maresca, lo toglieva alle cure morali più intimamente crucciose. Neppure nelle espansioni della luna di miele, Anna Maresca aveva nascosto, a suo marito, il distacco invincibile fra le loro due vite. Essa gli era rimasta, anche moglie, non solo superiore, ma lontana: