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112 storia di due anime


soccorreva di danaro, ma lo andava a cercare, spesso, in farmacia, se ne uscivano, via, insieme, parlottando in segreto, complottando, diceva il parente farmacista. Anche Domenico, per affetto, per gentilezza di animo, aiutava di denaro suo suocero, nè costui risparmiava il genero: ma sempre dall’alto, con un fare da gran signore, promettendo sempre di restituire, come se avesse dovuto rifar fortuna, un giorno: e, infine, don Carluccio Dentale si era organizzata una buona vita, con tutto ciò che gli serviva. Di sera, spesso, si presentava in casa Maresca, all’ora del pranzo, e aveva l’aria di elargire un onore grande al padron di casa, e discorreva con altiera bonarietà, quasi sempre con sua figlia, conservando un segreto disdegno per Mimì, uomo di popolo, nato da gente di popolo, a cui egli aveva dovuto sacrificare Anna Dentale, una signora! Chiacchierando, con la sua figliuola, ambedue avevano un gergo familiare, dei ricordi a cui Domenico nulla intendeva, dei sorrisi d’intelligenza, dei sensi sottintesi nelle frasi; e citavan nomi, fatti e date che egli ignorava; e si abbandonavano alle memorie, ai progetti, alle speranze, isolandolo, obliandolo, come se egli mai fosse esistito, escludendolo, persino, da ogni discorso di avvenire. Alla sfuggita, ogni tanto, Mimì comprendeva che Anna e il padre si eran veduti, nella giornata, che erano andati insieme, chi sa dove, chi sa in quale ora. Talvolta, sempre al principio, un po’ scherzando, un po’ sul serio, egli aveva rivolto, a tavola, qualche dimanda suggestiva. Su-