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e sono in giro da due ore, Gelsomina, per trovarla e cammino, cammino come un pazzo, per incontrarla, così, mia moglie, Anna, capisci!

Vedendolo così esaltato, come mai lo aveva visto, Gelsomina lo aveva attirato verso il Viale Elena, ove era meno gente che osservasse, che udisse, lo aveva attirato sotto le acacie in fiore. E, lentamente, gli prese le mani, gli disse con dolcezza:

— Oh povero Mimì, povero Mimì, che hai fatto, che hai fatto!

— Mai, lo avessi fatto, mai! — gridò lui, disperato. — Era meglio morire che far questo!

E i due sventurati, ambedue precipitati in fondo a un abisso, ambedue incapaci di altro che di esalare il proprio dolore in vane parole, si teneano per le mani, come due morenti.

— Almeno... — mormorò lei, lentamente — almeno... ti è fedele?

— Sì — disse lui, sordamente. — Mi è fedele.

— Ne sei sicuro?

— Ne sono sicuro. È così cattiva, così fredda che non ha voluto bene e non vorrà bene, mai, a nessuno. Ah io dovevo morire e non sposarla mai! Dovevo vivere senza amore, io! Non ero destinato all’amore, io! Come mio padre, come il mio povero padre, non era mio destino, voler bene a una donna ed esserne corrisposto...

— Tuo padre, Mimì? Tuo padre?

— Nulla — disse lui, troncando subito tale divagazione, mordendosi le labbra. — Vedi bene, Gelsomina, che non sei la sola, a fare una vita di-