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storia di due anime 141


sperata. Io sono solo, come un cane: come un cane che abbia un padrone tiranno, perverso, malvagio, che lo colmi di frustate, a ogni buona azione che fa. Non sei sola, a fare una vita disperata. Almeno, hai un innamorato...

— Già! — disse lei, con un riso cinico.

— L’hai detto tu!

— L’ho detto. È la verità. Sai chi è, il mio innamorato? Non lo sai? È Gaetanino Calabritto, il figlio del sellaio in via Cavallerizza: un bel giovanotto, non lo hai mai visto, ma, se aspetti un poco, lo vedrai! Un bel giovanotto — continuò lei, ansimando, con gli occhi pieni di lacrime — che non ha nè arte nè parte, che prende o ruba danaro, a sua madre, che prende o ruba danaro, a suo padre, che è affiliato alla mala vita, che è stato già in carcere, tre volte, che vi tornerà... e che è il mio innamorato!

— Che orrore! — esclamò lui.

— Ti fa orrore? Pure a me. Ogni giorno, ogni sera, egli viene da me... e io debbo dargli quel che vuole, quello che ho... dieci lire... cinque lire... due lire... quello che ho... capisci!...

— Capisco! Che orrore!

— Anche a me, anche a me fa orrore! Io non ho un soldo, questi abiti che ho addosso, me li ha venduti la mia padrona di casa, e non glieli ho pagati... e non so come fare certi giorni, per mangiare... ed egli vuol sempre quattrini... capisci, capisci?

— Capisco! È orribile! Ma come sei capitata con lui?