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storia di due anime 61


— E perchè ha detto sì?

— Per la miseria.

— Poveretta, la compatisco.

— E io lo invidio, lui!

— Già, già; poi vediamo!

Imperturbabile, la sposa. Anche ella udiva tutto: eppure non si vedevano impallidire o arrossire per la collera, per il dolore, per il piacere, le sue guancie egualmente colorite dal bel sangue ricco di gioventù. L’orgoglio immenso del suo animo si traduceva, perfettamente, sul suo viso bellissimo, in una espressione di anima lontana, impassibile, lontana, diversa da quanto la circondava, diversa, assai diversa, lontana, sovra tutto da colui che le dava il braccio, e che ella aveva sposato, innanzi a Dio, un quarto d’ora prima, in quella mattinata di aprile, mentre il sole avvolgeva il mondo di luce, e le campane di Pasqua rallegravano le anime. Fremente di dolore, a occhi bassi, quasi vacillante sulle sue gambe malferme, era lo sposo, Mimì Maresca, il pittore dei santi, che, parola per parola, beveva tutto il veleno di quei discorsi, dagli elogi clamorosi fatti alla sposa, sino ai vituperii di cui nessuno gli faceva risparmio, e passando innanzi alla sua bottega chiusa, egli vi levò gli occhi, con tale desiderio ardente, con tanto rimpianto disperato, vi tenne gli occhi così disperatamente, come se volesse penetrarne le oscure porte sbarrate e invocarne le figure della Madonna e dei Santi che vi eran celate, che, la sposa, lo dovette quasi trascinare, in quel momento. Essi, erano, oramai, sotto