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i suoi occhi chiari, dallo sguardo ove la puerilità persisteva.

L’altro pittore dei santi, un vero operaio, quello, con una giacca nera e una cravatta bianca, s’inchinava, molto impacciato.

— Piacere... — ripeteva la sposa, fermando solo un istante il suo sguardo glaciale sull’operaio, senza neppure tendergli la piccola mano, ancora guantata di bianco.

E la selezione, continuava, nel salotto, ove, fra le mense imbandite, un po’ di spazio rimaneva, per queste presentazioni, per questi complimenti: i Dentale, a poco a poco, si formavano in battaglione quadrato, le donne in mezzo, gli uomini ai lati, o chiacchierando quietamente fra loro, o dignitosamente tacite, non guardando neppure dal lato dei Maresca, ove, in verità, malgrado il disdegno di cui tutti eran fatti segno, dalla sposa, dalla sua famiglia, regnava un certo brio grossolano, di tutte le feste di nozze, si scambiavano barzellette, e partivan risate. Ogni tanto, i Maresca, anche quelli che non portavano tale cognome, prendevano in mezzo lo sposo, lo abbracciavano, gli battevano sulla spalla, sulla pancia; le donne, crollavano il capo, sorridendo, a quegli atti di famigliarità, mentre di lontano, la sposa, lentamente, si toglieva i guanti, con atto elegante, assicurava i suoi anelli di brillanti.

— Tutti regali del nipote mio — diceva pomposamente donna Gaetanella Improta, zia dello sposo, sventolandosi con un ventaglio sospeso a un laccio d’oro, dominando il gruppo dei Maresca.

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