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72 storia di due anime


don Biagio Scafa, a cui tutta la società, i Dentale e i Maresca, insieme, avevano applaudito, furiosamente, poichè il vino già aveva vinto, in parte, le superbie Dentalesche, e poichè lo Scafa era un personaggio importantissimo, anche per la parentela della sposa. Meno ascoltato, certo, quello di Raffaele Amoroso, l’operaio pittore di santi, che mezzo in dialetto napoletano, mezzo in un italiano storpiato, con una lentezza che mostrava, però, la sua commozione, portò un brindisi alla bella sposa. Varii Dentale avevano voltato il viso in là; alcuni, per disdegno, parlavano fra loro; e la sposa a cui l’Amoroso dirigeva i complimenti più enfatici, teneva gli occhi bassi, la bocca chiusa senza un sorriso e toccava, distrattamente, con la punta delle dita, le molliche di pane sparse sulla tovaglia. Alla fine, appena un lieve cenno della testa indicò che ella ringraziava. Persino Gaetano Ursomando, lo stuccatore, intenerito dalla festa, dal buon pranzo in cui aveva mangiato dei cibi a lui finora sconosciuti, dal buon vino, persino il povero basilisco, selvaggio e fedele, dall’ultimo posto, ove era stato confinato per la disposizione delle tavole, levò il suo bicchiere e volle fare un brindisi al suo principale. E non sapendo dire nulla, accomodò il brindisi solito popolare, quello che consiste nel far rimare un verso, il primo, col nome dell’anfitrione in coda all’altro: brindisi antichissimo, bizzarro, con varianti singolari. — Disse, Gaetano Ursomando: Questo vino assai mi rinfresca, — e brindisi faccio a Domenico Maresca. Vi fu un uragano, di