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storia di due anime 91


— Perchè ti sei voluta incomodare? — disse lui, senza prendere il dono.

— Per un ricordo — soggiunse lei. — Perchè non ti scordassi di Gelsomina.

Ad ambedue, gli occhi si velarono di lacrime.

— Prendi — disse lei, a Domenico.

Egli esitava ancora.

— Senti, senti, — disse lei, affannando — lo puoi prendere senza scorno. Non è danaro di Franceschino! Non te lo avrei dato un anello, comperato col suo danaro. Non sono capace, Domenico. Avevo... avevo qualche lira mia... da quando lavoravo a macchina... sono queste, le ultime, che ho spese per l’anello. Prendilo.

Egli prese l’anello.

— Grazie, Gelsomina. Io non ho nulla da darti, per ricordo.

— Dammi un fiore.

Egli fece un passo, per andare verso il salotto.

— Non lì! — disse lei, e lo fermò per un braccio.

Macchinalmente, uscirono sul balconcino, ambedue. Era già tardi e il giorno calava sulla massa variopinta delle case napoletane, che si facevano di un solo colore grigiastro: laggiù, il mare, sotto l’arco che fa lo sprone del Vesuvio, era di un color cupo di lavagna. Essi, non guardarono nulla, distratti, assorbiti, travolti ognuno dal proprio destino, misterioso per entrambi, tanto nella fallace speranza di gioia dell’uno, quanto nella realtà dolorosa dell’altra. Domenico colse due o tre margherite già