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232 | il quarto d’ora di rabelais. |
“Ecco,” disse, “io debbo domattina partire per Torino, ove ho consiglio d’amministrazione della Banca Piemontese; sarò qui fra cinque o sei giorni, e potrò occuparmi di voi. Parlerò coi miei amici, vedrò cosa si può fare, e spero di mettervi insieme fra due o tre settimane otto o diecimila lire. Ma voi dovete darmi la vostra parola d’onore che il vostro giornale durerà.”
“Ve l’ho già detto: il giornale vivrà; ma io non posso aspettare tutto questo tempo.”
“E allora che volete che vi faccia?”
“Sentite,” disse Joanna, “datemi cinquemila lire domani, e non v’infastidirò più.”
“Io non posso, assolutamente.”
“Datemene tremila.”
“Ma no, ve l’ho detto.”
“E allora,” disse Joanna di nuovo glaciale, “tutto è inutile.”
Il senatore cominciava a fremere di paura e di collera.
“Ma come diavolo vi trovate a questi estremi? Non avevate preveduto le grandi spese che richiede un giornale?”
“E potevo io pensare che Sella si sarebbe ammalato? Voi lo sapete: senza la malattia di Sella a quest’ora la Destra e la Sinistra non esisterebbero più, non vi sarebbe più che