Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/248

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238 il quarto d’ora di rabelais.

vano dalla Cacciarella, ove s’eran fermati a fare il chilo lungamente, pel freddo, e parlavano di giornali: erano impiegati e giornalisti. Passarono presso a Riccardo, due lo salutarono.

“Ciao, Joanna.”

Riccardo li lasciò un po’ dilungare, poi prese il marciapiede opposto, e cominciò a correre, riparandosi dalla pioggia sotto la sporgenza dei tetti. Davanti al caffè Aragno si fermò: voleva guardare a traverso i vetri, se Frati era là dentro. Ma il contrasto del freddo esterno e del calore interno aveva sparso sui cristalli delle vetrine una patina impenetrabile, e non si vedeva che un rosseggiar vivo che pareva di spiriti brucianti. Joanna girò il manubrio d’una delle porte, ed entrò: da tutti i tavolini delle voci lo accolsero. “Ciao, Joanna.”

Una specie di moschettiere della stampa, alto, con una barba da Ernani, con un mantello verde da toreador sulle spalle, gli si accostò.

“Senti Joanna: io non ti potevo soffrire; mi eri antipatico: te lo dico francamente. Ma ora conta sopra di me, per qualunque cosa.”

“C’è Frati?” disse Joanna, serrando la mano del moschettiere.

“Guarda lì in fondo: ci dev’essere.”

Riccardo traversò le sale, con faccia sicura,