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242 | il quarto d’ora di rabelais. |
“C’è Capponi che scrive una lettera, Boselli che parla con Zerbi, e un vecchio che legge i giornali, non so chi sia.”
“Non importa,” disse Joanna.
Scesero in Via degli Uffici del Vicario; Frati ancora ardente per la gran discussione recente, Joanna tranquillo ancora, sebbene una nuova febbre, il gran delirio finale, gli cominciasse a scoppiare nel sangue. Giunti al portoncino dell’ufficio, disse Joanna:
“Hai fiammiferi?”
Dirimpetto, il liquorista se ne stava all’ingresso della sua bottega. Quando Frati accese il cerino, s’accostò a Joanna:
“Senta, caro signore; mi son seccato d’esser menato in giro a questo modo, per quel conto di duecentoventi lire. Anche ieri il suo amministratore mi ha mandato a spasso, dicendo che il giornale andava in rovina.”
“Venite domani,” disse Joanna, trasalendo a quella guerricciola della necessità, a quell’assillo del bisogno, minuto, insistente, implacabile, all’ultimo momento.
“Ma che domani e doman l’altro,” gridò sgarbatamente il creditore, inferocito, “son tre mesi che mi sento ripetere questa storia. Perchè bevere tanto cognac e tanto kummel, quando non potete pagarlo?”