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16 | piccolo. |
“Se non abbiamo quattrini non importa, papà,” disse Riccardo, scotendo il capo.
A Paolo salirono le lagrime agli occhi, ma rispose allegramente:
“Ne avremo, ne avremo, piccolino, non dubitare.”
Riccardo scappò fuori, tutto felice; l’anticamera, una stanzetta quasi buia, la cucina formavano la sua felicità. Nell’anticamera, innanzi a una scrivania, sedeva don Domenico, un vecchissimo e piccolissimo gobbetto, tutto bianco, tutto grinzoso, con certi occhietti vivi, il gerente responsabile del giornale, che teneva anche il registro degli abbonati e faceva i conti. Don Domenico era grande amico di Riccardo, lo lasciava scherzare col timbro colorato tutto umido d’inchiostro azzurro, gli regalava le ostie colorate, rosse, turchine, gialle: facevano insieme, il gobbetto antico e il bambino, certe conversazioni lente, a voce sommessa, a riprese:
“Dove sta vostra moglie, don Domenico?”
“È morta, signorino.”
“Ah!”
Qui un silenzio: il gobbetto continuava a scrivere in quei suoi libroni.
“Che avete fatto, don Domenico, quando è morta vostra moglie?”
“Che dovevo fare? Niente.”