Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/275

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il quarto d’ora di rabelais. 265


“Hai fatto male. A che serve? Tanto, lo telegraferà domani lo stesso; se pure non l’hanno già telegrafato altri. Hai visto il corrispondente della Gazzetta Piemontese?”

“Non c’è: è andato a fare un’escursione nella repubblica di San Marino.”

“Meno male, è uno di meno; ma già, non c’è mezzo di scampare: quando tutto manchi, il corrispondente del Fieramosca e quello della Gazzetta di Parma, domani o domani l’altro ammazzeranno il giornale e me, per telegrafo.”

“Facciamo un articolo violento, smentiamo anticipatamente le voci possibili,” disse vivamente Frati.

“A che serve? Lasciali cantare. Hai fatto la cronaca?”

“Ne ho fatta una metà: vado a terminare.”

“Spicciati. Stresa dov’è?”

“Ora viene.”

Palumbo seguì Frati nella stanza di redazione: Joanna cominciò a passeggiare fumando nel breve corridoio tra l’anticamera e il salotto. Nel salotto, Bagatti, Bertarelli e Malgagno, radunati, stretti in un gruppo, parlavano a bassa voce. Quelli non avevano nessun dubbio: Bertarelli parlava della catastrofe come d’una cosa certa, inevitabile: già la considerava come un fatto di cronaca clamoroso,