Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/363

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una catastrofe. 353


E cercò un foglietto e una busta, fra le sue carte. Ne trovò: era una carta a mano elegantissima, delicatissima, con certi bizzarri geroglifici verdi per cifra.

“Le piace questa carta?” domandò ad Amati.

“Assai. Che dice il motto?”

“Non si dice.”

“Scusi.”

Mentre Antonio Amati abbassava la testa, come mortificato, Riccardo Joanna carezzava la carta dolcissimamente.

“Ho sempre amata la bella carta: è stata la gran seduttrice, per me,” e parlava come a se stesso.

Ora, con la penna sospesa sulla carta, pensava. Due o tre volte l’abbassò, per scrivere, ma si pentì: due o tre volte fece un cenno di sfiducia, con la mano sinistra, come per dire: — A che serve? — Antonio Amati, per darsi un contegno, sfogliava i giornali, giunti dalla posta, ancora chiusi dalle fascette. Riccardo Joanna non si decideva a scrivere: guardava in aria, almanaccando. Alla fine abbassò il capo, cominciò a scrivere. Ma un signore entrò: era un ometto con la barba rada, come sporca, con una pancetta rotonda e una calvizie che lasciava vedere il cranio giallo, con certe labbra grosse e violacee. Tenne il cappello in testa, si ap-