Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/379

Da Wikisource.

una catastrofe. 369


“Si obblighi sopra una carta. Io non la conosco, ma m’immagino che sia un galantuomo.”

Antonio Amati si obbligò, sopra un foglione di carta bollata, a dare duecento lire l’indomani al signor Casiraghi: e le dita gli tremavano ancora di emozione, scrivendo. Riccardo Joanna lasciava fare senza neppure ringraziare. Il signor Casiraghi andò a dire una parola al macchinista: un sorriso lievissimo comparve sulle labbra di Riccardo Joanna. Il ragazzino entrava col pacco delle fasce; aveva messo i francobolli coi denari dell’orologio impegnato: diede otto lire e cinquanta che ci erano avanzate, avvolte nella cartella di pegno, a Riccardo Joanna. Costui passò il cartoccino ad Antonio Amati.

“Non mi servono,” disse costui eroicamente.

E prese soltanto la cartella.


Mangiavano in silenzio, l’uno di fronte all’altro, con la voracità taciturna di due manovali che hanno passato dodici ore alla fatica. Quella trattoria di Monte Tabor era piena di borghesi allegri, di artisti poveri che parlavano forte, scherzavano col garzone, ridevano; mentre i due giornalisti, il vecchio e il giovane, col capo abbassato, miravano a saziarsi. Solo Riccardo Joanna metteva molt’acqua di Seltz