Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/43

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capelli corti e ricciuti e la naturale indolenza dei convalescenti: Raffaela chiacchierava, canticchiava, lavorava come se avesse una grande fretta, i suoi quattro figliuoli l’aspettavano a casa per mangiare, era vedova da due anni, suo marito era un fontaniere, era morto in un pozzo improvvisamente inondato: la più silenziosa era Concetta, una sciancata, una povera giovane dal volto lungo e pallido, dal vestito di percalla nero, dal fazzoletto di cotone bianco al collo, una monacella, così la chiamavano le sue due compagne. Riccardo si metteva accanto a lei, a vederla piegare con le lunghe dita scarne, muta, fingente non udire le storielle di amore che le raccontavano le sue compagne, per scandalizzarla un poco. Maria, specialmente, diceva quella sera di un signore che la seguiva sempre, quand’ella usciva dalla tipografia, un signore con orologio e catena, col tubbo e con un brillante grosso grosso al dito mignolo: un brutto signore, del resto, che se Totonno, suo marito, si accorgeva di tale cosa, correvano le coltellate — e ne parlava con un brivido voluttuoso di spavento, con quel desiderio e quella paura mistica del sangue che hanno le Napoletane in fondo all’anima. Raffaela, per scherzare, accusava Concetta di avere un innamorato e quella non rispondeva, piegava più rapidamente