Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/44

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i giornali. Sì, sì, aveva un innamorato, la monachina, era don Domenico, il vecchietto gobbo e bianco, un bel matrimonio, il gobbettino e la monacella zoppa. Ella quasi piangeva, col naso che le si faceva rosso e con le labbra che si protendevano per lo scoppio delle lagrime.

“Non te ne incaricare, Concetta, lasciale dire,” l’ammonì Riccardo, per consolarla.

Il bambino si arrampicò sulla sedia di Maria per toccarle i capelli.

“Se mo’ avessi ancora Pascaluccio mio, sarebbe come voi, signorì,” disse quella, immalinconendosi al pensiero del suo bimbo morto.

“Ringrazia la Madonna che se l’ha preso,” gridò Raffaela, “oh quanto pane mangiano le creature!”

“A me il pane non mi piace,” osservò Riccardo.

“Voi siete un signore, è un’altra cosa.”

Le piegatrici avevano finito, si guardavano le mani già tutte nere d’inchiostro, si mettevano gli scialli, Concetta si annodava un fazzoletto sotto il mento.

“T’aspetta don Domenico?” le disse, per burla, Raffaela.

Le tre piegatrici se ne andarono, attraversando la tipografia, ridendo a qualche motteggio dei tipografi, Maria con la sua fiacchezza