Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/56

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46 piccolo.

il cameriere e se ne faceva dire il nome. Per lui non avevano più segreti il bue alla finanziera, le scaloppine al Madera, i vol-au-vents, la zuppa alla Julienne e la Charlotte di frutti. Quelle venti pietanze che si dànno nelle trattorie, che cambiano salsa, cambiano nome, ma sono sempre le medesime; quei venti intrugli fatti di carne pesta, di grosso burro milanese, di mollica di pane, di salse dolci o piccanti, di pesce passato, Riccardo li conosceva bene, e il suo piccolo palato di fanciullo viziato li adorava. Era un buon fanciullo che finiva per rassegnarsi a tutto: e quando dovevano pranzare a casa, per economia, egli fingeva di trovar buono il fitto brodo grasso che faceva Marianna Rosanía, lo stufatino nero per essere stato troppo soffritto, o i maccheroni carichi di un sugo pieno di pepe. Ma quel pranzo casalingo, nella loro stanza, con le forchette appannate e i piatti incrinati, gli sembrava una miseria suprema: gli venivano le lagrime agli occhi e le buttava indietro coi bocconi.

“Almeno sapete quello che mangiate,” borbottava Marianna, la buona donna che vedeva scontenti il padre e il figliuolo.

“È vero, è vero,” diceva Paolo, chinando la testa a quella voce saggia e ammonitrice.

Ma erano tristi, Riccardo come Paolo, tristi