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74 | la grande giornata. |
cio: ma non voleva mai discorrere del passato, con loro:
“Abbiamo avuto delle disgrazie,” mormorava.
Tanto, che con quella sua aria aristocratica e indolente, con quel pallore romantico e interessante del volto, con quel silenzio in cui volentieri si rinchiudeva, vari credevano che appartenesse a una grande famiglia decaduta. Il giovanotto si assuefaceva sempre più alla vita di ufficio, vinto dall’abitudine, interessandosi ai pettegolezzi burocratici, odiando o amando il tal superiore, parlando male del ministro senza conoscerlo, avendolo visto entrare in carrozza una volta sola. In due anni cambiò casa una volta sola: andò più su, a Via in Arcione: cambiò trattoria, andò poco distante, al Trevi, frequentato da altri impiegati. Alla domenica, talvolta, si recavano in quattro o cinque a ispezionare i lavori di Via Venti Settembre. Ma non voleva che, lui presente, si parlasse mai di politica: si allontanava, come per una repulsione istintiva. Non comprava mai giornali, non ne leggeva mai: e una volta ripetette quello che un suo collega diceva, macchinalmente:
“I giornali? Tutte bugie.”
Ma rimase male, come se avesse bestem-