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la grande giornata. | 75 |
miato un nome caro. Un giorno, a Piazza Barberini, incontrò un Napoletano, un amico di suo padre, giornalista:
“O caro, caro giovanotto,” e gli battea familiarmente sulla spalla, “come te la passi?”
“Abbastanza bene, grazie.”
“E dove lavori? In quale giornale?”
“Faccio l’impiegato, all’Agricoltura.”
“L’impiegato? Gesù! E che direbbe tuo padre, povero Paolo, se rivivesse? Suo figlio, un travet!”
“Egli non voleva che facessi il giornalista.”
“Son cose che si dicono, capirai, nella malattia. In fondo, è un bel mestiere, te lo assicuro. E tu non crepi a fare il travet? Non t’incretinisci?”
“Papà non voleva che facessi il giornalista,” insistette il giovanotto, infantilmente.
“Perchè è morto, poveretto. Se vivesse, ti lascerebbe fare.”
“Forse....” mormorò Riccardo, “forse.... sono troppo bestia, per scrivere.”
“Che! Ci vuole la vocazione, ecco tutto. Se ce l’hai, figlio mio, ti vincerà. Poi, ci è l’eredità: si porta nel sangue, te lo assicuro.”
Riccardo guardava il suo interlocutore, come trasognato: costui soggiunse qualche parola di