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Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/220

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L>a giusta vendetta per Vergilio fatta ha molto consolata la brigata intanto che tutta la notte senza dar volta dormirono. La mattina levati, il preposto al suo exercizio colli altri dienno luogo fine a sera. E veduto il preposto li artifici d’ogni mestieri, e tanti che li parea che mai quello che colle lor mani facceano a tutto ’l mondo fusse vastevole, e sopra questo molto pensando, andava immaginando quello dovea esser Roma di tali arti quando facea più di c migliaia d’uomini da cavallo e du’ tanto per popolo, stimando l’altra parte del mondo non esser di tanti artifici ripiena.

E in su tali ragionamenti venne l’ora della cena: le mense poste, la brigata a sedere asettata, le vivande buone, la volontà del mangiare migliore, con gran piacere cenarono. E cenato, il preposto parlò dicendo: «Oh, quanto dé esser contento colui che colle suoi braccia guadagna la sua vita e della sua famiglia meglio che quelli che del sudore de li altri si pascano! Per certo io ho considerato oggi li artefici di Roma, e di vero io veggo loro allegri più che altre generazioni di genti che veduti ci abia; e non penso che questo avegna per molta robba che eliino abiano, né per stato né per vanagloria, ma io stimo, e così è, che loro non hanno a fare ragione con Dio di loro arti, ma col poco si contentano». E voltosi a l’altore comandandoli che una novella per la sera dica sperando al partire di Roma a poghi dì, l’altore ubidendo disse: