Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/309

Da Wikisource.

LXX


Giunti assai di buon’ora a Napoli lo preposto e la brigata e quine trovato di vantagio aparecchiato e preso buono ostello, stato alquanto, con una canzonetta spettaro la cena, dicendo:

«Virtù luogo non ha perché gentile
animo non ci truova: el vulgo cari
tien zappator pur ch’eli abbian denari.
Per questo ognun pecunia sempre agogna,
non avendo rispetto in chi raguna
al mar, dov’è magior c’ha più fortuna.
Quel che acquisti lassa te, e tu lui;
tristo chi spende il tempo in ciò co’ lui!»

Ditta, messe le vivande in taula, tutti asettati, li stormenti sonando, cenarono con molto diletto. E così, senza di quine partirsi, fine all’ora del dormire con piacere stenno. Et andati a posare fine alla mattina, là u’ il preposto amonìo ciascuno di non partirsi di brigata ma con piacere si diano a cercare e vedere le nobiltà di Napoli fine a l’ora del desnare; e dapoi tutti si riducano indel chiostro dello albergo, presso quine, u’ trovonno cedri aranci e di tutti odoriferi frutti, con una rivieretta d’acqua chiarissima e l’erbe fresche, pieni li arbuscelli di ugellini di più maniere; là u’ volse che l’altore desse con belle novelle piacere alla brigata mentre che non si danzerà, o vero che si cantasse.

E questo comandamento fatto, ognuno alla cerca si misse fine all’ora del desnare. E tornati, le mense poste, le vivande buone, con piacere desnarono; e con una danzetta, innel chiostro