Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/15

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novella cxvi 513

Coloro, vedendo che ser Sardo pogo se ne curava, come giovani si comincionno a percuotere: in poghi colpi dell’una parte e dell’altra ne funno ii morti et alcuni feriti. Il romore grande, la campana a martello, la novella viene a ser Sardo come già v’erano ii morti e molti feriti e che sempre erano alle mani. Ser Sardo, che ode tutto, fatto sellare i cavalli, disse al suo notaio che seco al Vecciale cavalcasse. Lo notaio dice che non vi vuole andare poi ch’e’, a tempo che non erano venuti a’ fatti, andar non vi volse. Ser Sardo montato a cavallo, mostrando molto volontaroso, con alquanti suoi fanti cavalcò verso il Veciale.

E come fu presso al Veciale, quelli che tra loro combatteano fattosi fidi insieme disseno l’uno a l’altro: «Voi vedete che ora che siamo disfatti e morti e feriti ser Sardo ci viene o a prendere o veramente per tollerci i nostri beni; e quando tra noi non erano se non parole, di quanti imbasciatori li abbiamo mandato, mai venir ci volse. E pertanto a noi pare, poi che lui di tal male è stato cagione, che lui ne porti la pena e quello che tra noi fatto abbiamo si perdoni, rimanendo amici».

Acordati a tal cosa, ser Sardo giunse al Vecciale molto brusco, volendo fare dell’aspro. Coloro stretti insieme disseno: «Quando ci potei metter in amore non volesti et hacci fatto uccider insieme, et ora pensi noi prendere et il nostro godere; la qual cosa fatto non ti dé venire, ma del contrario pensa». E fatto li famigli star da parte, subito a pezzi lo taglionno. E di tal cosa ne mandonno imbasciata a Pisa. I pisani, sapendo la verità della cosa, perdononno a coloro; e mandato <altro> officiale, ridusse il paese in pace.


Vegno alla parte ultima della nostra novella, dicendo: uno delle terre di Nicolò da Piuolo maritò una sua figliuola nomata Tomasa a uno del contado di Luni nomato Fallera, omo di soldo più che da lavoro. Et avendo menata questa sua donna in una villa chiamata Casciana, innella quale uno prete giovano nomato prete Martino s’innamorò della ditta Tomasa, e per venire ad effetto di lei, un giorno chiamò Fallera dicendoli: «Per certo,