Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/272

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770 nota bio-bibliografica


Lo scritto potrebbe esser diviso in tre parti: la prima, che comprende i consigli riguardo la difesa di Lucca e della oligarchia; una seconda, che contiene raccomandazioni sulla politica amministrativa, ed una terza con suggerimenti di natura politico-finanziaria. Nella prima parte il Sercambi prescrive il numero esatto di armati necessari alla difesa della città e dei castelli, nonché un numero fisso di armati per la difesa delle persone dei Guinigi e dei loro beni. Questa parte sarà più tardi sviluppata, nel 1398, ed integrata dalle raccomandazioni sul numero di uomini e sui mezzi necessari alla difesa di ciascun forte e castello dello stato, nella Nota a te, Lucca1.

Un’importanza maggiore rivestono invero le altre due parti del documento, quelle cioè riguardanti la politica amministrativa e finanziaria dello stato. Il Sercambi consiglia prima di tutto la nomina di un «consiglio di commissari», con autorità legislativa uguale a quella del maggior consiglio, del quale dovrebbero far parte parenti ed amici fidati degli oligarchi, in numero non superiore a diciotto. Esso dovrebbe avere come scopo che «quello che per consiglio generale vincere non si potesse, o vero che a loro paresse non doversi a quel consiglio mettere, si potesse per questo ottenere». Comunque, tutte le cariche più importanti, come appunto il consiglio dei commissari, «l’officio dell’anzianatico, [...] conductieri, gonfalonieri, vicari di Pietrasanta, Montecarlo, Camaiore, Castillioni, segretari, officio di balya», ecc., dovrebbero essere gelosamente affidate a «homini amici e confidanti», mentre le cariche amministrative di minore importanza dovrebbero esser distribuite fra «tucti i ciptadini, acciò che non paia in tucto dalli honori di Lucca exclusi»2.

Secondo il Sercambi, poi, la sorveglianza sui confinati politici dovrebbe esser resa più rigida, ponendo financo taglie sui più pericolosi di loro, mentre tutti coloro i quali «senza colpa» si fossero allontanati dalla città e dal contado dovrebbero esser costretti con le buone o con le cattive a rientrarvi, «acciò che la [...] ciptà non vegna meno di mercadanti e d’artefici ciptadini né contadini».

Il popolo dovrebbe essere tenuto in pace ed in tranquillità; onde

  1. Cron., ii, 117-44. Per la datazione di questa Nota si v. le pp. 118-19 dello stesso vol.
  2. L’idea che i signori dovrebbero reggersi sulla fedeltà degli amici sembra molto cara al Sercambi, ed egli vi ritorna ogni qual volta ne ha occasione, sia nelle Croniche che nelle Novelle. I biografi hanno in ciò visto la prova del fatto che egli scrivesse pro domo sua. Ci sembra invece che ciò procedesse da una profonda convinzione radicata nelle sue idee politiche e nella sua esperienza, più che da semplice opportunismo. Ricordiamo in proposito le idee del Guicciardini dei Discorsi.