Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/305

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i. i manoscritti 803


Su queste due descrizioni fu basata l’ipotesi dell’esistenza di un codice Baroni, distinto da quello Trivulziano1; e in special modo sul fatto che in esse si menzionassero cento novelle, mentre, come rileva il Papanti, il Trivulziano ne conteneva 156; sul fatto che, essendo sfuggita la caduta della c. n. iii del nostro codice, la nov. copiata dal padre Luigi veniva a corrispondere al n. xxxiv del T; sulle rime alla fine di ogni decina, e sul fatto, infine, che il viaggio della brigata era limitato a città toscane. L’esistenza dunque del codice Baroni poggia specialmente sulla testimonianza di padre Luigi Baroni.

Non sappiamo quali fossero precisamente i rapporti fra il Poggiali ed il padre Baroni, ma dal tono della lettera di questi ci sembra che essa contenesse un’offerta del codice stesso. Purtroppo il Papanti non stampò intera la lettera, dalla quale forse avremmo potuto più chiaramente arguire le intenzioni del corrispondente, e la nostra dunque è destinata a rimanere una supposizione. Sta di fatto però che dalla data della lettera in poi manca qualunque notizia del codice cui si riferiva Bernardino Baroni.

Molti anni dopo, il Lucchesini ne lamentava la sparizione, supponendo che esso fosse stato «involato»2. Giovanni Sforza sospetta che a fargli «prendere il volo» sia stato lo stesso padre Luigi3, il quale sul finire del secolo xviii, a partire dalla morte dello zio, si disfece di molti codici e cimeli appartenenti alla famiglia, codici che solo molto più tardi, e solo in parte, la Biblioteca Governativa di Lucca poté riacquistare da bibliofili e antiquari di diverse città4.

Non si hanno elementi per corroborare i sospetti dello Sforza, ma

  1. Per la questione si veda il Renier, pref., pp. xlvii-lii.
  2. «Scrisse ancora il S. molte novelle, che il Baroni possedeva, ma dopo la sua morte furono involate, onde io non potrei darne che sol questo cenno» (cfr. Della Storia letter. del duc. lucch. l. sette, Lucca, Bertini, 1825, p. 127).
  3. Cfr. La distruzione di Luni ecc. cit., pp. 7-8.
  4. Lo Sforza (ibid.) riferisce però un episodio piuttosto curioso che illumina la personalità di Luigi Baroni: «Era esso un appassionato raccoglitore di monete e di medaglie e ne adunò una bella collezione, che poi vendette alla principessa Elisa Baciocchi nel tempo che tenne il possesso di Lucca. Nel contratto di vendita ci volle un fatto, quello d’esser nominato conservatore del ricco medagliere, che venne allogato nella reggia colla magnificenza che era propria dei Napoleonidi. Il p. Baroni ogni giorno andava a vedere le già sue monete e medaglie, e spesso se ne metteva qualcheduna in tasca e se la riportava a casa. Quando nel marzo del ’14 caddero i Baciocchi, il medagliere era quasi vuoto. A sua scusa, anzi a sua giustificazione, bisogna, peraltro, confessare che il medagliere non gli fu mai pagato, e che se non avesse ripreso da per sé i pezzi più rari, il gabbato sarebbe stato lui».