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Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/32

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530 g. sercambi

in effetto, che lui e ’l compagno si partiron da quell’acqua et in uno boschetto si missero in ascoso.

Venuto colui colla cassa dov’era quello rezo e quella bell’acqua, avendo molto sudato sì per lo caldo grande sì per lo caminare sì per lo peso grande, si misse quine a riposo. E posto giù leggiermente la cassa e trattosi della scarsella una chiave, aperse la cassa e di quella uscio fuori una bellissima giovana d’età d’anni xx et a lato a lui se la fe’ puonere a sedere. E tratto del pane e della carne et un fiasco di vino della ditta cassa, in santa carità cominciorono a mangiare. E come ebbeno mangiato, essendo in sulla nona, il ditto, posando il capo in grembo a quella giovana cominciò a dormire et a sornacchiare forte. Lo re e ’l compagno, che tutto hanno veduto e vedeno, diliberonno, sentendo sornacchiare colui, d’apalesarsi a quella giovana, ché gran bisogno aveano d’una sua pari, però che poi che partiti s’erano, con neuna s’erano acostati.

E fattosi alquanto fuora del boschetto e faccendo amicchi alla giovana che a loro andasse, la giovana, come li vidde, parendo a lei omini d’assai, piano piano sotto il capo al marito misse il fiasco ùe lei di sotto l’uscio et andò a’ re et al compagno, dove fu la bene riceuta, che da’ re e dal compagno un volte fu contenta. La giovana, lieta di sì buona ventura che li era venuta, loda Idio e coloro che sì l’hanno fatta contenta.

Lo re la dimanda chi ella fusse e d’onde e chi era colui che ùsopra le spalli innella cassa la portava e la cagione. La giovana dice: «Io sono chiamata la Savia da Siena e sono moglie di colui che là dorme, il quale ha nome Arnolfo senese; e la cagione per che mi porta a questo modo si è per la gelosia che lui hae di me, che io non abbia a fare con altro uomo che con lui. Ha diliberato patire questa pena ogni volta che di fuori di Siena va per alcune mercantie, e quando siamo a Siena, sempre mi fa stare in una camera terresta innella quale non ha uscio né finestre se non graticolate di ferro e molto alte. Et in quella camera <entrare> non si può se non per una cateratta ch’è di sopra innel solaio, in su la quale lui fa il suo mestieri di dìe, e di notte quella apre e chiude da dentro con una chiave e viene a me, e quine si dorme fine a