Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/326

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824 nota filologica

noi abbiamo usato puntini in numero approssimativamente uguale alla congetturata estensione della lacuna stessa.

Per la divisione del testo in capoversi ci siamo regolati sulla guida del codice, mettendo ordine in una suddivisione, come abbiamo avuto modo di rilevare, piuttosto capricciosa. In genere, un nuovo capoverso riflette l’inizio di un nuovo episodio o, dentro l’ambito di uno stesso episodio quando ciò è stato possibile, di una nuova scena. Abbiamo racchiuso tra virgolette i brani in discorso diretto; non ci è stato possibile, data la particolare conformazione del periodo sercambiano e della sua punteggiatura, sciogliere interamente il dialogo, come sarebbe in molti casi desiderabile.

I numerosi versi presentano un problema a sé; dato che non conosciamo il codice utilizzato dal Sercambi, non possediamo elementi sufficienti ad accertare se sia mai avvenuta interpolazione da parte sua (tranne qualche raro caso come rileviamo nell’apparato) o da parte del copista, o se egli abbia copiato o citato a memoria (come è possibile pensare)1. Siamo intervenuti solo nei casi in cui, ripetiamo, la corruttela è evidente; negli altri casi, anche quando T offre una lezione affatto diversa degli altri codici, abbiamo reso questa fedelmente; e così ci siamo regolati nei casi di anisosillabismo che non abbiamo tentato di regolarizzare. In ogni caso, la lezione di T non adottata è stata registrata in apparato. Per i capoversi delle poesie ci siamo naturalmente regolati sullo schema del componimento, tranne che nel sonetto acrostico dell’Introduzione che abbiamo diviso in due gruppi di otto versi ciascuno per mettere in risalto le due combinazioni del nome e del cognome.

In apparato abbiamo dato: indicazioni bibliografiche sulle fonti accertate o presunte delle novelle; indicazioni bibliografiche sui mss. e sulle più importanti edizioni a stampa delle poesie; tutte le varianti delle novelle contenute nel codice Lucchese; tutte le lezioni di T non adottate, e, quando necessario, la ragione dell’emendazione; le lezioni già espunte in T; le nostre espunzioni in parentesi quadre; le correzioni presenti nel codice, aggiunte nell’interlinea, segni lungo i margini, segni di richiamo o di rinvio; ubicazione delle lacune; guasti e macchie nel codice; lettere rese incerte o da macchia o a causa dello svanimento dell’inchiostro.

  1. In molte delle citazioni dantesche incluse nelle Croniche (ad es., i, p. 403; ii, pp. 262, e 263; in, pp. 305 e 402) è evidente che il Sercambi citava a memoria, dato che esse presentano delle varianti che non possono essere spiegate con il testo del Lanense da lui utilizzato (si v. a questo propos. il nostro art. Di un commento al «Paradiso» ecc., cit.).