Se non ti offendo i timpani gentili,
Il Capitale dal severo ciglio,
E dalle grazie, che largo dispensa 145A premio di virtude. Ai cambi alterni
Servono i dischi del metallo avaro,
Come la ruota fervida del carro
Per l’aperto sentier. Sono que’ dischi
Del bramato valor pegno e misura; 150Ma per fame cessar non li manduchi.
Ricchezza sono il solido adamante
Ed il fragile vetro; i colmi nappi,
E le disposte dapi; i sinüosi
Drappi e i fidati alberghi; e mille e mille 155Obbietti a mille costumanze sacri
Della vita civil. Forse l’antica
Rusticitade povera e selvaggia
Andrò cantando a rampognar de’ vivi
L’ozio codardo e le lascivie stanche? 160Forse m’illude il querulo lamento
Di chi grida alle turbe: eh! via, gettate
I prezïosi e nobili trofei
Della novella etade; e poi vi caccia
Sopra gli artigli colla ingorda brama? 165Forse rinnego del sereno giorno
Il benefico raggio, e maledico
Alla vampa del Sol perchè di lievi
Macchie s’adombra; o delirando penso,
Che la foga de’ secoli s’arresti 170Alla verga di magico profeta?
Io so, che ad ogni etade il ciel cortese
I suoi doni concede, e so che all’una
Lice appena sperar ciò che dell’altra
I voti adempie, e noi cercando invano 175Un bene andiamo, onde i nepoti tardi