Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/138

Da Wikisource.
134 sermone decimoterzo.

     Tutta ne assorbi la scorrevol onda,
     Indarno delle dolci acque tributo
     280Il mare attende. All’intima sorgente
     Dello sperato rio si rassomiglia
     L’arte cui nutrimento e vita togli,
     La materia aggravandone, il lavoro
     E il debito profitto. Un magro fiume
     285È il popol vario che anelando corre,
     Stimolato dal pungolo diverso
     Degli umani bisogni, ove la copia
     A soddisfarli con perenne giro
     Delle umane dovizie si riversi.
     290L’indiscreto rigor del tuo balzello
     Ogni vena ristagna, e dalla chiusa
     Angusta foce scaturir non lascia
     Misera stilla, che l’aride labbra
     Del sitibondo Tantalo ristori.
295Incauto, bada, che una spada tratti
     A doppio taglio. All’un tronchi le braccia,
     Nè il lavoro ti appresta; all’altro storpi
     Le gambe, e ad accattarlo non arriva;
     E a te, se non insanguina la destra,
     300Almen vuota la stringi. Al comun bene
     L’occhio non apri, e a tuoi danni lo chiudi?
     L’arma che impugni a maneggiare apprendi,
     I colpi misurandone, e la mira
     Giusta prendendo. Chi l’arte disprezza,
     305Colla benda sugli occhi i colpi mena.