La turpe inopia o squallida discerni,
Che l’aere appuzza del suo fiato o assorda 165Di fameliche grida. A quella schiudi,
D’inciampi sgombro, libero e sicuro
Il diritto cammin; nè duro incarco
Ne pieghi i travagliati omeri a terra.
Questa d’altra ragion chiede rimedi. 170Ma quando l’ora ad apprestarli avvenga,
Chi dispensiero o giudice ne fia?
Forse chi gira del comun tesoro
Le chiavi? Oh! novo di virtù strumento
Il gabellier, che la moneta estorce 175Dal borsellino, e assottigliata e tarda
Per lunghi e tenebrosi aditi a caso
Cader la lascia nell’ingordo sacco
Di chi più forte incalza, o con più destri
Avvolgimenti lubrico si striscia. 180Oh! nova di virtude arte, che piglia
Dalla forza suggello; e la possanza
Del merto toglie, e la memoria, e il dolce
Di generosi affetti e di gentili
Grazie ricambio. O voi, che dall’ignavia 185Scuote talor l’inesorabil fame,
Via la stridente sega ed il pesante
Martel gettate; e fra i ricolmi nappi,
Gavazzando ed empiendo il ventre cupo,
Lungi sbandite il torbido pensiero 190Della diserta moglie e degli ignudi
Figli, che chiedon pane. Alla diserta
Moglie ed ai figli ignudi ed a voi stessi
Nel vicino domán la facil arca
Del tesoro comun s’apre, e il decreto 195Muta d’Iddio, che del lavoro sacra
Fece la legge e col bisogno punse