Taluno, ahi! troppo, sè felice estima
Onesto, saggio e d’onoranza degno, 165Quando nei sonni placidi e beati
Protragga i giorni, le moleste cure
Lungi cacciando. Intisichir che vale
Sui rancidi volumi? A che la fronte
Anzi tempo solcar di senil ruga, 170Al riposo comun l’ore sacrando
Al suo proprio negate? Eh! via; chè tanto
Non si richiede al cinguettare arguto
Delle garrule veglie, ove ciascuno
Versa tesor di facile dottrina, 175Che ai frontispizi e alle gazzette attinse.
Purchè agli altri non nuoca, egli contento
Vive pensando come si ritragga
Spesso dal beneficio amaro prezzo;
E come peggio incolga, ove s’incurvi 180Il dorso a sostener l’incarco grave
De’ pubblici negozi. Allor dell’alta
E dell’infima plebe mi romor vario
Intronando ne assorda, e l’importuna
Calca dà ingombro al piede, urta alle spalle, 185Finchè non faccia stramazzare a terra.
Ma per l’ingrata ed orgogliosa razza,
Che d’ogni gentil fior povera e nuda,
La più amena farebbe adorna valle,
Si muteranno in orrido deserto 190Campi festosi e collinette apriche
Popolate d’armenti e di vigneti?
Se dalle parti singole converso
L’occhio si stenda a misurar di quanti
Aiuti salutevoli dispensi 195Il consorzio civil larga mercede,
Come potremo entro all’angusto petto