Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/210

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206 sermone ventesimoquinto.

     Premere il volo al natural desio,
     Che fuor ne spinge a ricambiare il dono
     De’ servigi die il Sol vede e rischiara
     200Dalla prim’alba all’ultimo tramonto?
     Immemore degli altri, in sè costretto
     Ognun si chiuda e serri; e qual di tutti
     Sarà la vita solitaria ed egra
     Nell’orror della notte, a cui non splenda
     205Amico raggio di benigna stella?
     Mentre l’un veglia e suda, all’altro dato
     Fia di calar la morbida cortina;
     E poi che levi sbadigliando il capo,
     Muovere il passo neghittoso e lento,
     210E senza seminar coglier le spiche?
     A quel la doglia e la fatica, a questo
     L’ozio e il tripudio. Oh di fraterna novi
     Giustizia e caritade ordini e modi!
Uomini son di sentimento privi
     215Cui nullo di pietà senso commove:
     Aridi tronchi, che il rigor del verno
     O il tepido spirar di primavera
     Non comprime nè desta. Il duro ceppo
     L’onor non piange delle verdi foglie
     220Per la nebbia autunnal pallide e manche;
     Ma non s’allegra dei crescenti rami,
     Che zeffiro soave agiti e impregni.
     Al turbine de’ venti il dorso oppone
     La squallida, petrosa, immota roccia;
     225Mentre l’arbusto tenero s’inchina,
     E l’antico frondoso arbor si schianta.
     Sfidi l’arido tronco e il duro ceppo
     E la roccia incrollabile del tempo
     La indomita possanza, io non gl’invidio:
     230Ma voi compiango, che in umana veste