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le macchine. 87

     265All’uopo, e giova il migliorato ordigno
     Che alla forza de’ muscoli supplisca;
     Od al bisogno l’opra si ragguaglia,
     E l’artificio tuo rende soverchia
     L’arte che l’uom con lungo studio apprese,
     270E ne rimane attonito e digiuno,
     Le inerti braccia al petto incrocicchiando. —
Al tuo dilemma si spezzâr le corna
     Più d’una volta. Dei bisogni umani
     La natura ed il grado si trasmuta
     275Di tempo in tempo, e in cerchio ampio si estende;
     Indi pur varia degli umani ingegni
     Lo sforzo, e la faccenda si dilata.
     Di novelle propaggini la nostra
     Schiatta d’intorno fecondata cresce;
     280E maggiore di numero la odierna
     Plebe, di cibo, vestimenta e stanza
     Meglio si acconcia della plebe antica,
     Di numero minor. Ma non siam tutti
     Lieti di stanza, vestimenta e cibo;
     285E il cor ne piange in rimirar l’osceno
     Spettacolo dell’orda vagabonda,
     Che mal si pasce e peggio si ricopre,
     Ed ha per letto un umido giaciglio
     In tenebrosa tana. All’uopo manca
     290L’opra; ed il frutto, che da un lato avanza,
     Non lamentare, ma dell’altro adempi
     Lato il difetto sì che fra lor nasca
     Il desïato cambio, a cui materia
     Gli accelerati metodi daranno,
     295Moltiplicando le prodotte cose
     E nove suscitando arti e fatiche.
     Che non avvenne allor, se le passate
     Memorie rïandar lecito fia,