265All’uopo, e giova il migliorato ordigno
Che alla forza de’ muscoli supplisca;
Od al bisogno l’opra si ragguaglia,
E l’artificio tuo rende soverchia
L’arte che l’uom con lungo studio apprese, 270E ne rimane attonito e digiuno,
Le inerti braccia al petto incrocicchiando. —
Al tuo dilemma si spezzâr le corna
Più d’una volta. Dei bisogni umani
La natura ed il grado si trasmuta 275Di tempo in tempo, e in cerchio ampio si estende;
Indi pur varia degli umani ingegni
Lo sforzo, e la faccenda si dilata.
Di novelle propaggini la nostra
Schiatta d’intorno fecondata cresce; 280E maggiore di numero la odierna
Plebe, di cibo, vestimenta e stanza
Meglio si acconcia della plebe antica,
Di numero minor. Ma non siam tutti
Lieti di stanza, vestimenta e cibo; 285E il cor ne piange in rimirar l’osceno
Spettacolo dell’orda vagabonda,
Che mal si pasce e peggio si ricopre,
Ed ha per letto un umido giaciglio
In tenebrosa tana. All’uopo manca 290L’opra; ed il frutto, che da un lato avanza,
Non lamentare, ma dell’altro adempi
Lato il difetto sì che fra lor nasca
Il desïato cambio, a cui materia
Gli accelerati metodi daranno, 295Moltiplicando le prodotte cose
E nove suscitando arti e fatiche.
Che non avvenne allor, se le passate
Memorie rïandar lecito fia,