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alfredo panzini | 121 |
casione, molto più spesso la efficacia di quel parlare è profonda, ricca di malinconica umanità.
Tutti gli episodi della commedia, scoloriscono a un tratto e perdono forma; resta innanzi a noi il teatro nudo e nudi e soli i grandi argomenti dell’eterno dramma; rumano travaglio, con sue vanità e con la speranza inestinguibile, e la morte e l’amore....
Aggiungete che tutto questo è sentito non con la mente pacata e curiosa del moralista, ma col cuore del poeta, che tutte le cose umane riconosce per proprie; e avrete intesa l’ultima nobiltà del Panzini. Poeta, egli è per essa, e il suo luogo è naturalmente fermato, non importa se in alto o un poco più basso, nella buona e antica e umana famiglia dei poeti e della nostra razza, creatori di bellezza e consolatori di uomini.
Non ci inganni la eguaglianza del viso e la remissione del tono; la poesia è dentro, è la qualità intima e la segreta felicità di quest’uomo, di cui ci riesce così caro il semplice ritratto.
Dovrò io ora perdere il mio tempo a giustificare codesta poesia, che ho adoperata solo come alcun colore o qualità psicologica? Ognuno, che sia discreto, m’intende; o se mai, basta ch’ei si metta a leggere le pagine della Lanterna, e che si veda a poco a poco sorgere innanzi la faccia serena e il sorriso, e oda la voce del parlatore. Vorrei piuttosto citare; e trovo che la scelta è difficile.
I primi capitoli, con la cura del moto e del sole, respirano tutta la poesia della strada; ma «la vecchia e il porcello» è pure un saporitissimo idillio. La costruzione della tavola (che piacere, metter da canto i libri e dar mano agli argomenti del falegname), la villa dell’uomo felice, i