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134 | scritti di renato serra |
Dico che a rendersi conto della virtù di questo scrittore bisogna considerarlo nella sua qualità di poeta; non così grande forse, ma sincero.
Io non guarderò già ora molto a quelle abitudini così dette poetiche, che pur si potrebbero assai facilmente notare nella prosa di lui. Poetico secondo il sentimento comune è tutto ciò che si esalta un poco, al di sopra della quotidiana conversazione, non per un motivo praticamente apprezzabile, ma così per passione e per sfogo del cuore, e per bellezza, come dicono, per ornamento; e il Panzini cade spesso sotto questo giudizio, con tutte quelle sue esclamazioni e contemplazioni, sopra tutto con quella sua forma di parlare immaginosa, con quei tocchi di colore naturale e fantastico gettati con semplicità quasi epica in mezzo al racconto. Una conversazione fra due amici pacata e famigliare, è chiusa da lui in questa vasta cornice: al principio, «Il lume lunare entrava nella stanza ospitale di Astese, e la, luna tonda passeggiava fra le cime dei pioppi azzurri»; alla fine: «Così terminò Leuma il suo raccontare, che la luna più non passeggiava su le cime dei pioppi, ma era trionfalmente salita nel cielo». A ogni momento, il suo dire si allarga in tali forme solenni; come egli si indugia a parlarvi dell’ora e dell’aspetto che intorno a lui rendeva l’alba o il vespero, il chiarore delle stelle o il susurro del mare, così par che sia solito a trasfigurare per uso ogni tenue argomento ed episodio piccolo col linguaggio vasto e metaforico.
Notate del resto che questa solennità non è molto profonda, si contenta di modi comuni e di ornamenti accademici. Qualche volta anche un po’ goffi; come nel caso di questa «luna che al confine del mare stava preparando la sua toilette