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Pagina:Serra - Scritti, Le Monnier, 1938, I.djvu/216

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severino ferrari 169


Mi piace di ricordare altri versi, dove le migliori qualità di lui sono adunate come in breve spazio; e la florida elocuzione accompagna come una carezza la sensualità sana e affettuosa del giovine e dalla gioia del dir bene e dal pensiero d’amore l’animo di lui si trova quasi naturalmente sollevato alla forma e all’orma del maestro:


Debbo dirti di gigli fatto, bel letticciuolo
sì pieno di profumi tiepidi e così bianco,
quand’ella il roseo vólto, levando dal lenzuolo
e su ’l guancial poggiando il rilevato fianco
riflette ne i begli occhi dolci il desio d’amore,
ella fra bianchi gigli nuovo purpureo fiore?!

Cosa ammirabile e consolante! Piccola cosa in cui la imitazione carducciana (avete sentito il lettore delle Odi Barbare sulla fine) si confonde con la morbidezza dello studioso di canti popolari e toscani, e tutto insieme questo riesce poesia; e rende a noi non solo il piacere della cosa felice, ma anche la soddisfazione di sentire che alla fine la probità e l’onestà e la fatica messa nell’arte con animo puro possono sempre, una volta o l’altra, quando la fortuna e i limiti dell’argomento secondino, riuscire alla sospirata bellezza.

Ma qui alla nostra descrizione accade un chiarimento. Ho accennato alla imitazione carducciana. Bisogna aggiungere che di questo punto in fuori che ho citato, e di pochi altri che ognuno ravvisa, essa non ha luogo nei versi di Severino. È un’altra parte simpatica del suo carattere.

Accogliendo così profondamente in sè l’efficacia ideale del maestro, egli non toglieva poi materialmente da lui se non poco o nulla. Formava sull’esemplare della prosa di lui il suo scri-