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Pagina:Serra - Scritti, Le Monnier, 1938, I.djvu/224

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severino ferrari 177

sia, il Carducci. E le cose prime di lui, studiose e care e gentili, e il sacrifizio e la passione di tutta la vita, e il difetto stesso e lo stento e la infelicità ultima della fatica, valgono come note diverse e pur sinfoniche a compiere di lui una figura sola schietta. Non una statua, ma un’urna nell’ombra; dentro abbiamo raccolte pagine e frammenti pregiati, e intorno abbiamo iscritto: Studium fuit alma poësis.


N. B. Pare che resterebbe anche da parlare dell’educatore e del maestro di umanità, lettore del Petrarca del Boccaccio del Carducci; e di costui anche quasi edizione minore, nella scuola e nella consuetudine. Perchè anche codesta è parte vitale nell’opera di Severino; e necessaria al suo ritratto: senza dire che è anche la più vaga, fuggitiva, non raccomandata quasi a niente di stabile, che si possa trovare ancora forte tra qualche anno.

Ma io non posso parlarne. Mi riuscirebbe un capitolo di confessioni. E io non ho voglia di raccontare, nè voi di udire ora.

Qualche cosa tuttavia è assicurata, anche di ciò, negli scritti dedicati a Severino. Mi contenterò dunque di accennare a quelli, in una brevissima bibliografia, che vorrei chiamare ragionata, a modo mio; nella quale non si registrano cioè se non gli scritti di cui mi ricordo, e secondo l’impressione che ne è durata nella mia memoria.

Molti hanno scritto; pochi con utilità. Non conosco lo scritto di una scolara, che deve certo esser buono.

Fra gli altri, Albini ha scritto elegantemente nobilmente, come è costume sempre suo, intorno all’amico, al compagno, al poeta: è un bel ritratto sepolcrale, memore del vivo. Ma è composto con quel certo riserbo che portava la natura castigata dell’autore. Accanto all’iscrizione severa e squisita, si desidera anche l’epistola più dimessa, famigliare.

Panzini ha scritto con commozione di natura fraterna; ma era più giovane, d’un’altra brigata, non aveva il benefizio della dimestichezza, non ritraeva i particolari dal vero. Le sue pagine sono belle, soavi, per la effusione del cuore; ma, se ho visto bene, sono un po’ troppo va-