Pagina:Serra - Scritti, Le Monnier, 1938, I.djvu/243

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196 scritti di renato serra»

si è scoperto nella sua fiacchezza; dopo tanta abbondanza di belle frasi fatte intorno a quei poveri fantocci, il momento che drammaticamente importava è caduto dalla mente come una vescica sgonfiata.

E che poi siano fantocci è troppo certo. Non badiamo all’effetto per cui il lettore che si ricorda di Bruno e Buffalmacco come di persone vive di questo mondo, non riesce a conservare di Puriello e di Quaglia altra impressione che di una bella pagina scritta. Ma guardiamo la pagina.

Troveremo che il D’Annunzio, trascorrendo volubilmente, ha ripreso la materia del realista francese, informandola del suo costume; cioè riducendo la ricerca del vero a musica sonora e monotona di frasi. Anche traducendo a lettera, non si può dire che egli copii: i tocchi del Maupassant diventano puro principio verbale, che si sviluppa secondo le abitudini dell’eloquio dannunziano.

«Chicot, au contraire, rouge et bourgeonneux, gros court et poilu avait l’air....»; e più oltre [Maillochon] «la peau de sa tête semblait couverte d’un duvet vaporeux, d’une ombre de cheveux, comme le corps d’un poulet plumé qu’on va flamber».

«Biagio Quaglia, detto il Ristabilito, era invece di statura mediocre, d’alcuni anni più giovane, rubicondo nella faccia e tutto gemmante come un mandorlo a primavera».

Ora ognuno si accorge che il D’Annunzio voltando indifferentemente, non ha badato tanto alla realtà del rosso e dei foruncoli e bottoni per la faccia, ma al suono che quelle cose prendevano come parole sulla sua bocca: rubicondo, gemmante.... C’era nei vocaboli una virtù che si è dilatata in amplificazioni sonore, seguitando la cadenza