Pagina:Serra - Scritti, Le Monnier, 1938, I.djvu/350

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le lettere 303

quelle stesse cose un po’ accademiche, commemorazioni o descrizioni, con un calore e una dolcezza che gli altri non hanno, senza sfoggio, senza interessi meschini.

Di quella generazione che oggi è matura — e il cui poeta vero è Panzini — questi sono i migliori.

Si sentì dire, non so mai quanto tempo è passato, che c’erano altri scrittori di versi, a cui non mancava fama e seguito e stima: Colautti, Cesareo.... Ma noi abbiamo ancora tutto Rapisardi da rileggere, prima di arrivare a loro. Ci eravamo scordati di un altro, che è pure di quella generazione, e stimato fra i più nobili: Adolfo De Bosis.

Lo sappiamo e lo diciamo tutti, che è uno scrittore nobilissimo; ma com’è che ce ne scordiamo sempre? Com’è che abbiamo provato un senso così intimo di sollievo quando l’abbiamo visto finalmente collocato e accomodato, con la giustizia e l’onore che si merita, in un saggio equo e fino e garbatissimo di Croce, che ci risparmia oramai ogni obbligo di portare un giudizio nuovo sul lavoro gentile e sulle intenzioni elette dei suoi versi?

C’è anche, che in provincia le normaliste la leggono ancora, Ada Negri. Non discutiamo il suo passato. In questi anni è stata la fornitrice di poesia del Marzocco: la vergine rossa ha subìto un poco anche lei l’effetto degli anni che hanno fatto dell’audace cenacolo fiorentino, di gloriosa memoria, un buon salotto di conversazioni letterarie. La maestrina è diventata una signora intellettuale, umanitaria e femminista; ha coltivato il suo spirito, ha messo nei versi un certo odore di modernità, dell’analisi psicologica e della cultura letteraria.