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100 parte prima - capitolo xiii


libri. Io sono in casa della mia famiglia. Ora che ci siamo bisogna sofferire con dignitá. Sta dunque di animo sereno e forte, e fa ch’io possa gloriarmi di essere tua moglie». Queste ultime parole mi colpirono profondamente: io non avevo inteso mai mia moglie parlare cosí. La sventura l’aveva trasformata, e svolgeva in lei un carattere forte e severo, ed amoroso insieme ed operoso. Queste parole mi sollevarono, mi fecero un bene grande, ed io cominciai a conoscere meglio quella donna, e rispettarla, ed amarla assai piú di prima. L’ispettore che era presente al nostro discorso disse: «Signora, il commessario mi ha detto di guardarmi piú da voi che da vostro marito, ma io vedo che siete una donna rispettabile». E qui prese a parlare di sua moglie, e dei suoi figliuoli, e disse tante cose che io non intesi, perché guardavo ora il bambino che mi dormiva su le ginocchia, ora mia moglie che mi teneva la mano stretta. Questo ispettore signor Antonio Maza non era un tristo uomo: disse a mia moglie che poteva mandarmi il pranzo, ma badasse di non nascondervi carte; che ella poteva venire ogni venti giorni e parlarmi innanzi a lui; che l’altro giorno il commessario non aveva incaricato lui ma il sergente di gendarmeria (quello che era venuto a visitarmi) il quale forse aveva avuto altro a fare; e promise che mi avrebbe fatto salire in una stanza superiore piú ariosa. Dopo un’ora dovemmo separarci: il bambino si svegliò, non voleva lasciarmi, e diceva: «Vieni tu pure con noi». Io gli diedi un ultimo bacio, un altro a mia moglie, non potei dire altro che addio, e tornai nel criminale.

Il giorno appresso mia moglie mi mandò il pranzo: trovai in fondo a la bottiglia di vetro nero un pezzetto di lapis, e dopo due giorni un rotolino di carta bianca. La bottiglia fu la nostra valigia. Riuscita la prova della carta bianca, mia moglie faceva cosí: scriveva sopra un pezzetto di carta e ne lasciava bianca la metá, ravvolgeva stretta tutta la carta, la legava, poi l’avvolgeva in una fronda verde, la fermava in fondo della bottiglia, e sopra versava il vino. Io bevevo il vino, spiccavo con la cannuccia della pipa la carta che den-