Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. I, 1934 – BEIC 1926061.djvu/169

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il 1847 163


spontaneo, e dopo poche ore nel medesimo giorno 2 ottobre fu giudicato, condannato, e fucilato con gli altri quattro. Il padre del Bello perdè il senno e poi la vita: il padre del Mazzoni morí di dolore, e l’unica figliuola rimastagli morí anch’ella: rimaneva sola a chiedere vendetta a Dio ed agli uomini la sconsolata de Riso.

In Reggio furono riempite le carceri: il commessario di polizia Cioffi, osceno di volto, diabolico di animo, tormentava, rapiva, spogliava tutti cosí sfacciatamente che poi fu accusato e condannato come ladro: e questo gli fu merito piú tardi. La commissione militare condannò parecchie centinaia di uomini a varie pene, quarantasei a morte: e questi ebbero per grazia mutata la pena nell’ergastolo. Condotti in Napoli, mentre erano ferrati nell’arsenale in luogo scoperto, dicesi che il re dietro l’invetriata d’un balcone della reggia li guardava con l’occhialino, e domandava ai suoi cortegiani chi era il tale, o il tale altro: e che dei condannati taluno gli volse le spalle, e taluno mirava fiso a quel balcone. Questo avveniva tra noi mentre in Toscana Leopoldo II toglieva dal suo codice la pena di morte. Tutti gl’italiani compiansero tanti sventurati, e specialmente ricordavano i cinque giovani di Gerace, i quali in Livorno ebbero esequie solenni: e dipoi i livornesi montati in furore andarono a casa del console napoletano, ruppero lo stemma, e gridarono morte al tiranno delle Sicilie.

Come giunsero a Napoli le novelle di Messina e di Reggio, fu grande agitazione negli animi, e la polizia incarcerò Carlo Poerio, Mariano d’Ayala, Domenico Mauro, Francesco Trinchera, i baroni Stocco, Marsico, Cozzolino, tutti e tre calabresi. Ma il carcere non faceva piú paura, neppure ai condannati, perché tutti sentivano e dicevano che cosí non poteva durare, e che un dí o l’altro aveva a mutare la scena; e si ripetevano le parole del Romeo: «Se io moro non vi scuorate, e andate innanzi». Ma quando si seppe della morte di quei cinque giovani alcuni formarono un fiero disegno, assalire la carrozza del re, prenderlo e condurlo in luogo sicuro, o anche ucciderlo, e cosí cominciare la rivoluzione. Questi furono