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III

Ritorno a casa.

Tornato a casa andavo ogni mattina a chiesa, e poi a scuola; e sebbene vi andassi con gli occhi bassi, pure una volta non so come li alzai in viso ad una bella fanciulla nostra vicina che mi guardava fiso; e un’occhiata oggi, una dimani, cominciai a volerle bene, non scrissi piú oremus, e un dí non so come mi venne fatto un sonetto d’amore, e dopo di quello molti altri. E cosí gli occhi di quella fanciulla mi scappuccinarono, e mi tornarono quel matto che io ero per natura. Volete sapere del De Silva? Quando uscí di collegio si vestí da prete, e studiò teologia, ma per voler ragionar troppo fu tenuto ateo e diede scandalo: ei gettò il collarino, fece l’avvocato, e fece molte pazzie, e l’ultima fu di farsi frate davvero nel monastero di Santa Teresa. Poi si sfratò, ed ora veste da prete, ed è professore. Animo focoso e irrequieto, buono, ingegnoso, generoso, è stato sempre ed è mio carissimo amico.

Oh! non ridete di queste fantasie fanciullesche. Se in vita tua non hai pensato mai di farti frate, o soldato, o di volerti ammazzare, se non hai fatta mai una corbelleria e sei stato sempre savio, io ti compiango, e non ti voglio per amico, perché se non l’hai fatta, la devi fare, e piú tardi sara piú grossa, e la farai a me. La saviezza senza la pazzia sterilisce l’anima, ed è come il sole senza la rugiada della notte. E poi avete a sapere che a quegli anni la bacchettoneria era un andazzo; il governo voleva che gli uomini pensassero all’anima e non s’impicciassero delle faccende del mondo, e chi non diceva i fatti suoi ad un confessore doveva dirli ad un commessario di polizia che te lo tappava in prigione. I colli torti stavano nei piú alti posti: ed io vedevo con gli occhi miei l’intendente della provincia, il marchese di Sant’Agapito, ogni