Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. I, 1934 – BEIC 1926061.djvu/239

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tre giorni in cappella 233


plizio peggiore e piú crudele della morte? Mia Gigia, io sarò sempre io. Iddio mi vede nell’anima, e sa che io non per forza mia, ma per forza che mi viene da lui, sono tranquillo. Vedi io ti scrivo senza lagrime, con la mano ferma e corrente, con la mente serena, il cuore non mi batte. Mio Dio, ti ringrazio di quello che operi in me: anche in questi momenti io ti sento, ti riconosco, ti adoro, e ti ringrazio. Mio Dio, consola la sconsolatissima moglie mia, e dálle forza a sopportar questo dolore: mio Dio, proteggi i miei figliuoli, sospingili tu verso il bene, tirali a te, essi non hanno padre, son figli tuoi: preservali dai vizi: essi non hanno alcun soccorso dagli uomini; io li raccomando a te, io prego per loro. Io ti raccomando, o mio Dio, questa patria, dá senno a quelli che la reggono, fa che il mio sangue plachi tutte le ire e gli odii di parte, che sia l’ultimo sangue che sia sparso su questa terra desolata.

Mia Gigia, io non posso piú proseguire perché temo che il cuore non mi vinca: io non so se potro piú rivederti.

Addio, o cara, o diletta, o adorata compagna delle mie sventure e della mia vita. Io non trovo piú parole per consolarti, la mano comincia a tremarmi. Abbiti un bacio, simile al primo bacio che ti diedi. Danne uno per me al mio Raffaello, uno alla mia Giulia, benedicili per me: ogni giorno, ogni sera che li benedirai, dirai loro che li benedico anche io. Addio.

Tuo marito: Luigi Settembrini.


Intanto domandammo ai custodi se ci era permesso di rivedere le nostre famiglie un’altra volta sola: ci risposero, che non era permesso, ma che alcuni nostri parenti erano andati dal commessario per questo. Indi a poco si riapre la porta, ed ecco mio figlio Raffaele, che mi abbraccia e dice: «Sono stato io dal procurator generale, e gli ho chiesto di vedere mio padre, ed egli lo ha permesso». Entra mia moglie con la mia Giulietta, i miei fratelli, la moglie di Filippo, la moglie